Proposte per visite guidate in
inverno in provincia Pesaro
Urbino
Nel periodo più cupo dell’inverno,
col sole basso e il giusto freddo,
fra Natale e il giorno di Sant’Antonio Abate
Il 17 gennaio di ogni anno il sacerdote in chiesa benedice gli animali e i sementi.
Il 17 gennaio coincide normalmente con la macellazione del maiale.
Sant'Antonio, Antonino, Nino, ovvero il maiale.
Era affettuosamente chiamato così nelle campagne marchigiane, fino a qualche decennio fa il maiale, la "dispensa vivente" per la famiglia del contadino. Accadeva quando i lavoratori dei "piani" e delle colline erano quasi esclusivamente mezzadri o braccianti e uccidere il maiale, "fare le carni" era uno degli appuntamenti più importanti dell'anno. Nel corso del tempo però il Nino non è stato solo cibo, la sua storia è ricca di curiose e inaspettate rivelazioni.
Nel III secolo a.C. era utilizzato sulle imbarcazioni fenicio-puniche come strumentazione di bordo poiché in grado di individuare con il suo fiuto la riva più vicina e fornire così indicazioni per stabilire la rotta da seguire
Solitamente Sant’Antonio viene raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle ponendoli sotto la protezione del santo.
La tradizione deriva dal fatto che l'ordine degli Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal “fuoco di Sant'Antonio”. I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella.
La mattanza divenne così un momento contemporaneamente di rito religioso che di rito pagano, e comunque un momento di grande festa. I prodotti che si ottengono scandiscono il volgere di tutte le stagioni: i salami a Pasqua, le pancette a maggio, le lonze per la trebbiatura, le spalle a settembre, i prosciutti a dicembre, il lardo e lo strutto per tutto l’anno. Niente si scarta.
Vi diamo allora appuntamento per conoscere i luoghi dedicati a questo grande animale:
dall’evento enogastronomico, “ la ninovisione “,
ovvero “ti mangio con gli occhi”
la strada potrebbe iniziare a Sant’Andrea in Suasa per proseguire verso Monteporzio, San Giorgio di Pesaro, fino a San Costanzo dove incontreremo un oste d’eccezione;
potrebbe poi addentrarsi nel Montefeltro e portarci al Castello dei Conti Oliva, a Piandimeleto che ospita il Museo della terra, ci fa conoscere la stampa a ruggine dei tessuti, i costumi della famiglia mezzadrile.
Sarà un’occasione per comprendere meglio il lavoro contadino, quei “sapori” e “saperi” che attraverso il gusto possono essere letti, scritti e riscritti nel mosaico delle tradizioni che tengono vivo il territorio.
Vale la pena venire, anche in febbraio per il
CARNEVALE A FANO
Chi ama i carri carnevaleschi, la pazza gioia prima della quaresima, chi si diverte in costume e vuol scacciare la malinconia grigia del mese di febbraio, quella persona goliardica, allegra e anche un po’ auto-ironica conosce sicuramente la cittadina adriatica di Fano.
Festeggiare fa sempre bene all’anima!
C’è in aria un certo senso di benessere, a Fano, mentre si gusta il „pesce azzurro“, mentre si cammina a piedi nudi lungo il Lido, osservando i gabbiani e quel movimento d’onde così diverso dall’atmosfera di spiaggia estiva. C’è in aria un certo senso di arricchimento, a Fano, davanti alle pitture di Raffaello, del Perugino, pedalando lungo le mura romane, attraverso gli archi, passeggiando per le vie della città.
Fano e i suoi carri, le sue maschere, la „Bottega dell’allegria“ che contrappone i diversi Rioni per trovare tutti i superlativi possibili.
E’ sempre una festa popolare, questo carnevale di Fano!